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di Ornella Calore

Introduzione

ln questo problematico periodo di pandemia in cui trionfano e prolificano contraddizioni, paure, soluzioni e teorie più o meno credibili, ho pensato di rispolverare e riadattare un vecchio lavoro del 1997 presentato al gruppo Sirio. Descrivere il viaggio per la scoperta di sé stessi attraverso (come diceva Jung) un percorso di individualizzazione, ci può ricongiungere coi nostri lati più autentici, può far scoprire le nostre originalità e accettare le tortuosità insite in ognuno di noi.

Mito e Storia

Labirinto. Basta il nome per suscitare nella nostra mente sottili inquietanti apprensioni. Il pensiero va all’odierna metafora della labirintica avventura umana, all’intreccio di sentimenti, al contorto procedere della psiche nell’inconscio, al nostro labirinto interiore. Ricordiamo la misteriosa costruzione che l’architetto Dedalo realizza a Creta per ordine di Minosse, al fine di imprigionarvi il terrificante Minotauro, mostro metà uomo e metà toro, generato dai nefandi e ripugnanti amori di Pasifae, moglie di Minosse, con un toro. E un soffocato turbamento ci coglierà nel pensare ai giovinetti ateniesi (sette fanciulli e sette fanciulle) che venivano sacrificati al Mostro ogni anno. Così subentra una profonda soddisfazione quando il Minotauro viene ucciso dall’eroe Teseo, aiutato dal famoso filo di Arianna. Le origini del labirinto sono un tema nebuloso e persino l’etimologia del termine è ancora materia di sempre nuova ricerca. Si ritiene probabile che la parola “labirinto” vada ricollegata a “labra laura”, cioè pietra, grotta. Il labirinto, quindi designerebbe una cavità sotterranea ricavata dall’uomo. Ma se entrare nel labirinto significa entrare in una grotta, è immediato il richiamo alla discesa agli inferi, ad una morte iniziatica rituale, ad un rientrare mistico nel grembo della Madre Terra. Non a caso una tavoletta micenea di terracotta, rivenuta a Cnosso e datata 1400 a.C., recita “Un vaso di miele per tutti gli Dei, un vaso di miele per la Signora del labirinto”. E’ Arianna, la madre-sposa, la vera signora del labirinto, colei che offre il mezzo per uscirne. Uscire rappresenta l’iniziazione, cioè morte e rinascita: l’eroe iniziato, ucciso il mostro, esce dal labirinto. Dopo il labirintico viaggio simboleggiante il percorso che l’uomo deve fare all’interno di se stesso per arrivare a sconfiggere le pulsioni animali rappresentate dal Minotauro, si riguadagna l’uscita, pur attraverso complessi meandri con l’aiuto di Arianna.

Costruire il labirinto cretese


Ma come si costruisce un labirinto? Per ottenere quello cretese si tracciano, prima di tutto, una croce e i quattro angoli retti delle sue braccia, contenenti un puntino ciascuno (A). Con la figura B inizia poi la sequenza di costruzione vera e propria. Si congiunge il vertice della croce con quella dell’angolo a sinistra in alto (B). Poi si congiunge il punto contenuto in quest’angolo con il vertice dell’angolo a destra in alto e si prosegue come indicato nella sequenza, alternando i movimenti da sinistra a destra e da destra a sinistra. Certamente questo andamento simboleggia l’andare contro il Sole e poi seguire il corso del Sole (morte-vita), ma forse c’è anche da chiedersi: è la mancanza di stabilità e chiarezza, l’ondeggiare fra una scelta e un’altra la causa che dà origine alla umana tortuosità mentale, paragonabile ad un labirinto? Osserviamo il seguente disegno che riproduce il cervello com’è visto nella tradizione indiana.

Secondo altre interpretazioni, però, questo disegno rappresenterebbe un diagramma utilizzato per facilitare e accelerare il parto. Cervello e pancia, capacità di elaborare e capacità di sentire.

L’uomo deve giungere al CENTRO, deve raggiungere le profondità più profonde, il nero più nero del nero. Questa è la grande prova! Si perde (o si rischia di perdere) l’orientamento, nel labirinto. Chi è nel labirinto non è più padrone dello spazio. Buio, claustrofobia, paura: sono le immagini del labirinto. La meta può sembrare vicina, ma ecco il percorso obbligato e tortuoso porta ad allontanarsene. La fatica è fisica, ma anche psichica, nel costante mutamento della direzione di marcia: da sinistra (contro la direzione del Sole, verso la morte, a destra (seguendo il Sole e la vita) e poi ancora a sinistra e a destra…E alla fine, al centro, l’orrendo Minotauro, gli istinti brutali e bestiali, il divoratore di carne umana che va ucciso. La propria ombra? ln effetti il labirintico viaggio è un percorso interiore, è il pervenire ad una coscienza così fondamentale da richiedere un radicale mutamento di direzione, un capovolgimento.

E ancora altre interpretazioni. Dall’alto il labirinto mostra la sua pianta, il suo percorso da seguire per entrare ed uscire da esso. Allora è certo che il labirinto fosse un luogo chiuso? Il mito sembra smentirlo. Si narra infatti che Minosse chiuse nel labirinto anche Dedalo e suo figlio lcaro. Ed è per fuggire dal labirinto che l’architetto modella per sé e per il figlio le ali di piume e cera con le quali spiccheranno il volo. Sappiamo che lcaro, volando troppo vicino al Sole, avrà le ali distrutte (la cera fu sciolta dal calore) e precipiterà miseramente. Il racconto dice che al labirinto mancava il tetto. E forse nel racconto del volo, potrebbe esserci un insegnamento: per risolvere un problema bisogna vederlo dall’alto, dal di fuori, bisogno essere capaci di sentirsene non implicati.

È poi così difficile uscire dal labirinto? La risposta è no. Osservando un disegno su un muro di Pompei si nota una scritta Labyrintus hic habitat Minotaurus. ln questa raffigurazione il labirinto si presenta, come spiega Umberto Eco, un percorso che, come un gomitolo a due capi, chi vi entra da una parte, non potrà che uscire dall’altra. Non ci sono vicoli ciechi o intersezioni di vie; pur con le sue molteplici volute, conduce obbligatoriamente verso il centro. E giunto al centro, il visitatore, per tornare all’esterno deve solo invertire il senso di marcia.

Omero dice che a Creta Dedalo ideò per Arianna il “luogo della danza”, la danza ciclica del ditirambo. Il ditirambo era anche un canto in onore di Dionisio-Bacco che prese con sé Arianna quando fu abbandonata da Teseo. Ed è per Arianna che Dedalo costruisce una pista da ballo; un percorso segnato con pietre che evita gli errori di una danza complicata, danza che appare sempre come un atto di culto. E là dove mancava il disegno, il percorso segnato da pietre, ci si serviva di un filo che congiungeva le danzatrici, impedendo che una di loro deviasse dal tracciato, entrando in un percorso non suo.

Procedendo nel tempo e arrivando ad un ambiente Cristiano, vediamo che molti labirinti sono presenti in varie chiese, specialmente riprodotti sul pavimento. S. Vitale a Ravenna, S. Michele a Pavia (al centro c’è il Minotauro), la cattedrale di Chartres (Francia).

Labirinto posto sul pavimento della navata centrale di Chartres

Quanto al significato del labirinto cristiano, esso è vario. Può indicare, per esempio, il tortuoso percorso dell’anima che cade nei gorghi del peccato, ma al contrario, anche via attraverso la quale l’anima può purificarsi e redimersi. Osserviamo in particolare Chartres (XIII sec.). Nella navata centrale spicca il più grande labirinto da chiesa (circa 13 metri di diametro) che ancora si conservi. E’ formato da una serie di circoli concentrici con la Terra al centro seguita dalle sfere della Luna, del Sole, di Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, dalle stelle fisse. Queste sfere concentriche rappresentano il percorso simbolico che l’anima, dopo la discesa sulla terra, deve percorrere per eliminare gli aspetti negativi fino alla riunificazione con Dio. Rappresenta un viaggio interiore, un grosso lavoro sulla propria personalità. Nel Rinascimento l’intricato itinerario appare soprattutto nei giardini (labirinti di siepi) come luogo ameno di divertimento in cui, magari, dame e cavalieri “si perdevano” per avere un po’ d’ intimità.

Nel 1984 è stato realizzato un labirinto, a Bath dedicato ai Beatles.

Labirinti d’oggi, i circuiti stampati del computer

Psicologia

Jung parla di funzione animica complementare alla persona. Secondo Jung la funzione animica si esprime attraverso l’Anima negli uomini (Luna-Venere) e per la donna l’Animus (Sole-Marte).

L’Anima, per la psicologia junghiana, è per l’uomo la controparte dinamica del sesso opposto: lui Sole, ha in sé la sua Luna e in esso il maschio riconosce il polo opposto, il principio polare da integrare per realizzare lo splendido equilibrio strutturale. Nel maschio l’Anima contiene i connotati del femminile (come un codice) e sono questi che permettono all’uomo di denotare i propri tratti maschili perché la sua funzione di polo si attiva solo riconoscendo il polo opposto complementare.

Chi meglio di Teseo (Animus) può incarnare questo simbolismo e insieme ad Arianna (Anima) lottare per affrontare l’Ombra? Non però come un rimosso freudiano di paura, idea nera, luogo orribile e disgustoso. Luogo in cui i traumi od oggetti ostacolanti stanno fermi a fare da peso patologico, oggetti sottomessi all’IO, svuotati del loro potere dissolti con l’analisi come vuole Freud; Jung l’intende come polarità conflittuale, come l’opporsi della tenebra alla luce, ma entrambi esistenti. Non si elimina l’Ombra. Il male, la viltà, l’inferiorità non sono da eliminare con manichea razionalità; se la ignori ti divora. Tutto ciò che è vivo, pieno, Jung dice, è capace di gettare l’Ombra. Ognuno di noi nel suo vivere, è seguito da un’ombra. Ogni atto e comportamento produce luminosità, ma anche tenebra. Il suo contrario. Sempre! L’Ombra chiede dialogo, no la sua distruzione. Va osservata non rinnegata. L’Ombra detiene il negativo, ma se l’accetto, la riconosco, un pezzettino di Ombra esce e diventa cosciente. Il negativo diventa meno tale. Persiste, ma psichicamente lo mette in dialogo con la coscienza, lo faccio convivere. Occuparsi dell’Ombra significa non negarla e rifiutarla, ma venire a patti con gli istinti, col male, col bruto, il negativo, con principi complessi. Venire a patti con l’Ombra è la strada per trovare la Luce. Queste energie potenti, gigantesche, ossessive, divoranti, invasive possono scardinare, sconquassare l’IO e tutta la personalità, ma è la strada per trovare la propria integrazione.

Aspetto Alchemico

È interessante inoltre vedere questa continua ricerca sotto un altro aspetto: quello alchemico. L’Alchimia è una scienza naturale detta arte del trasmutare i metalli per ottenere l’oro. Per pervenire ad una conoscenza così fondamentale, è necessario affrontare un radicale mutamento di direzione, un capovolgimento, una trasformazione.

Con ogni probabilità le origini risalgono all’Antico Egitto, ai loro Sacerdoti e lniziati. La pietra nera (il fertile Limo del Nilo =KIMIA) deve essere trasformata in oro (lo Zolfo dei Saggi).

Da sempre l’oro è stato associato alla regalità, alla divinità, allo splendore, all’incorruttibilità. L’oro rappresentava il potere, la trasformazione. Si pensava che recipienti d’oro potessero mutare le qualità delle sostanze in essa contenute. Il colore è la parte intrinseca dell’evento alchemico. Il materiale dapprima è nero (immagine della putrefazione), poi bianco (la materia è completamente purificata ed è pronta per essere congiunta) terzo stadio giallo (la distillazione) e infine rosso ultimo stadio (simboleggia il fuoco, la congiunzione, l’unione degli opposti, fino alla sublimazione). Il nero equivale alla morte della materia e il bianco alla sua rinascita in forma purificata. Il giallo non è chiaro e di fatto questo stadio viene spesso omesso dalle descrizioni alchimistiche d’epoca più tarda. La trasformazione in rosso fu considerata come lo stadio finale di perfezionamento della materia. È interessante osservare la corrispondenza tra pianeti e metalli.

Il Sole: oro, Re – La Luna: argento, Regina = CONIUCTIO (soluzione del conflitto)

Mercurio: azoto

Venere: rame – Marte: ferro

Giove: stagno – Saturno: piombo

Gli ideogrammi (Arte Rotonda di A.T. Mann) si accompagnano due a due e Mercurio li sintetizza: Sole e Luna sono composti da un cerchio e da una porzione di esso. Il principio attivo si contrappone a quello passivo, alla luce diretta quella riflessa, alla ragione l’immaginazione, allo scoprire il comprendere, all’agire il sentire, al dare il ricevere. Saturo e Giove (relazione tra Anima e Corpo) si possono sintetizzare in Luna crescente (Anima) e la Croce (materia). In Giove l’Anima si eleva al di sopra della materia. Lo stagno di Giove è un metallo leggero e dà la vita. E’ in posizione antagonistica con il piombo di Saturno, la cui pesantezza attira verso la morte. In Saturno la Croce della materia è posta al di sopra del crescente dell’Anima e indica la contrazione tramite la realtà materiale. Nell’ideogramma di Giove è la Luna ad essere al di sopra della croce, espansione attraverso la saggezza. La posizione della Croce in Alchimia indica a che punto è il lavoro: se è ancora da effettuare la croce è sotto, se è compiuto è sopra. A Giove/Stagno corrisponde la crescita, in contrapposizione alla disgregazione di Saturno/Piombo. Giove libera l’anima dalla materia, Saturno è la limitazione dell’Anima, è la schiavitù di fronte alla materia. E ancora Giove come espansione dell’energia, Saturno come concentrazione depressiva. Marte/Ferro e Venere/Rame rappresentano l’energia e l’amore. In Venere il cerchio dello Spirito sovrasta la Croce della materia; equivale all’amore, all’armonia. E’ l’aspetto sentimentale. In Marte la Croce della materia è sopra il cerchio dello Spirito. La materia posta al di sopra dello Spirito indica desiderio e conflitto. Alla vivacità si contrappone la calma, alla volontà la dolcezza, al dominio la seduzione, alla proiezione l’attrazione, alla brutalità la grazia, alla distruzione la conservazione. Infine l’ideogramma di Mercurio composto dal segno di Venere sormontato da una Luna crescente, indica che la sostanza contenuta in germe da Venere, si evolve nella sfera lunare, quella dei continui mutamenti. Si tratta di materia animata, liberatrice di vita in continua metamorfosi.

Personaggi

Per concludere ho pensato di osservare la comparazione di un figlio d’arte (Massimiliano Pani) con un consanguineo (Mina, sua madre) per verificare come e su che base avviene il superamento di un eventuale conflitto e trasformarlo in creatività e talento. Abbiamo constatato l’importanza di Venere e Giove nel percorso evolutivo, non tanto come mezzo per crescere (in questo, a mio avviso, Saturno è al primo posto), quanto piuttosto come “lavoro già fatto”, come agevolazione o meglio come sublimazione. Non è importante l’aspetto, anzi credo che qualche lesione provochi una qualche originalità, soprattutto su Venere.

Mina

La regina della canzone italiana, Mina, è nata sotto il segno dell’Ariete e presenta ben quattro pianeti Venere, Marte, Saturno e Urano nel Toro, tradizionalmente associato al canto. ln aggiunta Venere, pianeta dell’ugola, è reggente della decima e stringe un bellissimo trigono con l’eclettico Nettuno in casa seconda (analoga in Toro), sestile con un giovanile Mercurio e una doppia congiunzione con l’innovativo Urano e con “l’urlatore” Marte: la sua voce non poteva che essere inconfondibile, capace di scale armoniche da brividi: il suo Sole arietino in ottava casa trigono a Plutone in dodicesima (solitudine) probabilmente le ha fatto decidere di sparire dalla scena per godersi la vita “nell’esentasse ” Svizzera (il Sole in ottava-fisco).

Massimiliano Pani

Non si può dire che non presenti aspetti astrologici in comune con la madre. Anche lui è un Ariete con il Sole in esaltazione in casa decima congiunto al Medio Cielo. Ha l’AS in Leone come sua madre. Il Mercurio-udito è congiunto a Venere-voce di Mina (e Mercurio di lei è congiunto a Venere di lui): Massimiliano ascolta le canzoni della madre e crea musica e arrangiamento (non si dimentichi che la mitologia attribuisce a Mercurio l’invenzione delle sette note). Che la madre, per Massimiliano, dovesse avere un’importanza fondamentale emerge dalla congiunzione Luna-Saturno presente nel suo tema (quanti obblighi nei confronti della cantante! E quanto schiacciante deve sembrargli questa talentuosa e augusta madre!). La Luna di Massimiliano, reggente la dodicesima casa (lavora di nascosto), è quadrata a Mercurio e opposta a Marte (forse la comunicazione non è mai stata agevole e qualche profondo disaccordo sarà stato vissuto con Mina) e ancora quadrata allo scorpionico Nettuno in casa quarta, a indicare che in fondo questa mamma non è stata avvertita così affettuosa, accogliente e protettiva.

Che cosa ha ereditato sul piano artistico, Massimiliano dalla madre? E come ha sublimato alcune carenze? Sicuramente una certa sensibilità artistica, come testimonia sia la Luna nettuniana di entrambi, sia lo scambio reciproco delle posizioni Mercurio-Venere. Poi l’orecchio musicale (Mercurio in Toro, Urano e Plutone in seconda nel tema di Massimiliano, tutti riconducibili, per analogia, ai valori Toro e a Nettuno in seconda di Mina) e una lacerante sensibilità (le Lune di madre e figlio appaiono piuttosto problematiche, ma proprio per questo capaci di trasformarsi in ottime fonti d’ispirazione). L’ambizione, in madre e figlio, appare notevolissima (pianeti in casa decima , AS Leone) così come il forte senso di autonomia nelle decisioni ( Sole trigono a Urano di Massimiliano, Urano al MC di Mina). Indubbie sono le capacità di Massimiliano e, anche se parrebbe destinato a rimanere un personaggio subordinato alla madre, in realtà il suo energico Marte all’AS, reggente del MC, in trigono con Giove, lo potrebbe portare comunque lontano (oggi 2O21 è compositore, arrangiatore, produttore, discografico, versatile musicista di studio). Forse ciò che manca a Massimiliano è il carisma materno, reso ben evidente, nel tema di Mina, dal magnetico Sole in ottava in trigono a Plutone.

BIBLIOGRAFIA
Carl Gustav Jung: “L’uomo e i suoi simboli” Mondadori ed. “La psicologia dell’inconscio” Newton
Carotenuto: “Il labirinto verticale” Astrolabio ed.
R. Sicuteri: “Astrologia e mito” Astrolabio ed.
A.T.Mann: “L’Arte Rotonda” Gremese ed.
Enciclopedia Traccani: Il labirinto
A.Poisson: “Teoria e simboli dell’Alchimia” Libraio ed.
www.pointerest.it ” come disegnare il labirinto”
https://www.hort.it> Una lezione di vita con il labirinto di Chartres